martedì 31 marzo 2015

marzo finisce come un sogno

please don't flow so fast
you little mountain hum
i'll bottle sounds of me for you

múm – we have a map of the piano

come una vecchia canzone dei múm, un abbraccio lento, il salotto a lume di candela, l’aria diversa di inizio primavera, i cassetti chiusi, il tuo profumo di cotone, i miei occhi caldi.

[“le parole finiscono?”
“spesso”]

oggi pomeriggio ero a trento. camminavo per il centro e mi guardavo attorno, i palazzi antichi, l’atmosfera retorica, un giocoliere in piazza duomo, i muri bianchi, le nuvole minacciavano pioggia, ma era come se non fossi lì, come se mi stessi camminando dentro, senza fare rumore.

[“e poi?”
“poi se ne inventano di nuove”]

come quella volta che ti guardavo negli occhi e un po’ mi veniva da tremare, perché non sapevo cosa aspettarmi anche se non mi aspettavo niente. e poi forse non ho sentito le tue parole, o pensavi muovendo le labbra. e il tuo sguardo era distratto da qualcosa, dietro di me, e mi sono girato a guardare, ed eri tu che ti giravi a guardarmi.

[“e se non significano niente?”
“se ne inventano di altre”
“altre ancora?”
“sempre”]

marzo finisce come un sogno, dolciastro.


mercoledì 25 marzo 2015

quando non sai dove metterti

have him read “snow glass apples”
where nothing is what it seems

tori amos - carbon

oggi è uno di quei giorni che non so dove mettermi.
la primavera sembra essere iniziata, anche se piove; ho voglia di fumare e un po’ di pensieri da tenere a bada; ho voglia di un abbraccio e di cose che sanno di buono.
sarà perché da domani ricomincia la stagione, al lavoro, con i turni e gli orari improbabili. sarà che sto ascoltando la musica sbagliata nel momento giusto. sarà che non sempre siamo forti e capita di sentire il peso delle mancanze.
così non so dove mettermi, e mi bevo una birra.

[“e io?”]

gli sbagli che facciamo, per esempio, che tornano sempre indietro, che ci fissano con occhi così strani che stiamo a guardarli e non sappiamo cosa fare, aspettiamo che ci dicano qualcosa, o ce la chiedano, anche se non abbiamo risposte, anche se non sappiamo dove metterci. dentro quella canzone che riascoltiamo in loop, quando cadiamo in tentazione, per paura di restare da soli, per noia, per stupidità, e non arriviamo da nessuna parte.

[“e tu?”]

i desideri, però, quelli che non ce ne accorgiamo e crescono piano, in qualche posto, dentro, e poi quando li sentiamo è come se fossero un graffio al cuore, un abbraccio che non aspettavamo ma ha un sapore conosciuto; i desideri che ci fanno sorridere con gli occhi grandi e non sappiamo dove metterli. dentro quella canzone che riscoltiamo in loop, in una mano che ci accarezza i capelli, in tutto il bello dell’insicurezza.

[“e noi?”]

così non so dove mettermi, ma sto un po’ qui, e aspetto.


giovedì 19 marzo 2015

aggiustarsi

from the sublime to the ridiculous
in the blink of an eye
can we ever feel this impending void
have we become what we intended to avoid

moloko – absent minded friends

stavo lavando i piatti, un bicchiere mi è scivolato dalle mani, ha sbattuto contro il lavandino e si è rotto. era il mio bicchiere preferito.
come sempre quando mi succede qualcosa a cui non voglio credere, mi son guardato intorno per capire se ero davvero io e se ero lì, se stessi sognando, o se ci fosse qualcuno che mi osservava di nascosto. poi per qualche istante sono restato immobile, fissando un pezzo di vetro blu che mi è rimasto tra le mani insaponate, mentre róisín murphy cantava e l’universo mi attraversava la testa.

[“non siamo mai gli stessi, vero?”
“no, credo di no. un po’ di meno e un po’ di più”]

potrei provare ad aggiustarlo, magari con una buona colla e un po’ d’impegno ci riuscirei. magari qualcuno mi aiuta, ma non saprei a chi chiedere. ma poi che me ne faccio di un bicchiere sbeccato, che comunque non sarebbe lo stesso di prima, che senso avrebbe farlo diventare una cosa inutile. mi strofino gli occhi con il braccio, stringo il vetro tra le dita, la voce di róisín ancora in sottofondo, domani dicono ci sarà un’eclissi di sole, forse è nuvoloso e se non lo fosse come la guardo.

[“mi aiuti?”
“anche senza che tu me lo chieda”]

e se volessi aggiustare me, da che parte dovrei iniziare. come ci si aggiusta, qual è il momento migliore, quale il movimento, che parole posso usare. nessuno vuole diventare una cosa inutile, e allora ci si prova, ad aggiustarsi. tipo quando ci si incastra, o si intrecciano le dita, quando gli occhi si incontrano, e si sente un brivido sottopelle. quando si è lontani e si ha paura e si sta fermi, e si pensa e ci si pensa, quando non si sa più cosa dire, quando ci si manca ma anche un “sono qui” potrebbe sembrare di troppo. o quando non sai se crederci, ed è così ma non ti ricordi perché e non hai più bisogno di chiedertelo. quando arriva sera e si fa l’amore.

[“dimmi che ci sei”
“ci sei”]

e poi ho preso i pezzi del bicchiere rotto, ho aperto la pattumiera, e li ho buttati.


giovedì 12 marzo 2015

come se fosse facile

[lost myself in a tangent of words
can't decide what i've seen or heard

beth orton – tangent]

è tutto il giorno che sono chiuso in casa e non so più cosa inventarmi. fuori è una giornata bellissima, di quelle che il cielo è azzurro e ti sembra di toccarlo, guardo il lago e la luce che cambia ogni minuto, pubblico un selfie, giusto per capire se esisto, mi faccio un tè, misuro la febbre, sento caldo, vorrei uscire sul balcone ma l’aria è troppo fredda, accendo la tv ma non serve a niente, metto i massive attack a tutto volume, canticchio, leggo un po’ di “under the skin” di michel faber, ma è un mondo troppo strano per volerci rimanere a lungo, potrei provare a scrivere qualcosa, ma non l’ho mai fatto per due giorni di seguito, scrivo, scrivo tante cose con delle virgole in mezzo, cancello, tolgo, semplifico, vorrei lasciarmi andare, vorrei non sentirne il peso, ti penso.

[and you can't change the way she feels
but you could put your arms around her

massive attack – protection]

il sole è già sceso dietro le montagne, e alla radio passano ancora quella canzone di malika ayane.
come se fosse facile parlare di sé senza vergognarsi, dirsi senza esagerare, raccontarsi restando in equilibrio su una fune tesa sopra il nulla. o sentire alcune canzoni.
come se fosse facile far finta di non capire che certi occhi ti chiedono tutto senza chiederti niente. e non sai dove mettere la mano o se hai sbagliato, o se hai usato la parola giusta, o forse una di troppo, ma ti vedi sorridere davanti a un ricordo o a una speranza, o dentro le frasi che escono da sole.
come se fosse facile non avere paura o non pensare alla paura degli altri. ma ti ritrovi a voler credere che in fondo la paura non esiste, e che basta riuscire a pensarsi nello stesso momento.

[ma se vuoi rimani

malika ayane – adesso e qui]

come se fosse facile convivere con un cuore che corre e una mente che frena.


mercoledì 11 marzo 2015

sigarette

oh, every angel's terrible
said freud and rilke all the same

cocorosie – terrible angels


era da parecchio tempo che non mi veniva la febbre così alta. ho passato la nottata a rigirarmi nel letto e a fare strani sogni, a sudare, con la temperatura del corpo che oscillava tra i 38 e i 39 gradi, a bere acqua fresca, a immaginare situazioni inesistenti.
ed ora eccomi qui, con una specie di peso che mi sento dentro al petto e che mi fa respirare male. insomma mi sono beccato una bella bronchite, e non posso fare a meno di pensare alle troppe sigarette che ho fumato ultimamente.

[“perché mi guardi?”
“perché mi piace restare senza parole”]

è come se il mio corpo mi volesse lanciare un messaggio chiaro, senza girarci troppo attorno. ci aveva già provato durante il viaggio negli states, quando a san francisco mi era venuto un raffreddore pazzesco e una mezza bronchite, ma non gli avevo dato retta, continuando imperterrito a fumare, soffrendo ad ogni tiro.
e poi l’altra sera, mentre festeggiavo, sono uscito sul balcone in maniche di camicia, e forse ho preso freddo, ma c’erano luce, musica e risate dentro casa, e io da fuori li guardavo, mi fumavo un paio di sigarette e sentivo il petto in fiamme, e andava bene così.

[“dove vai?”
“non lo so, e non ci voglio pensare”]

e pensavo alle mie tante sigarette. quelle dopo il caffè, quelle fumate di nascosto, quelle in piazza san marco a mezzanotte, quelle in cima a una duna nel mezzo del sahara, o seduto per terra a guardare la monument valley o il grand canyon al tramonto, quelle con gli amici, una birra, un bicchiere di vino o un long island, quelle dopo l’amore, le più inutili, quelle di un villaggio senza nome nel mezzo della birmania, quelle sui libri nelle notti passate a studiare, quelle in silenzio o distogliendo lo sguardo, quelle parlando o in imbarazzo, quelle per dimenticarsi, quelle spente dalle lacrime, quelle in macchina, a macinare chilometri per raggiungere qualcuno di speciale, quelle fatte di sorrisi nascosti, le mie preferite, quelle che sono andate e non torneranno più.

[“si impara l’equilibrio?”
“solo rischiando di cadere”]

ci sono cose che finiscono, come le sigarette. altre che non sai.



lunedì 2 marzo 2015

marzo è arrivato come un sogno

i know that life is for the taking, 
so i better wise up, and take it quick

bran van 3000 – drinking in l.a.


marzo è arrivato come un sogno, senza che io me ne accorgessi.
è la settimana del mio compleanno, che non mi piace mai, che faccio sempre un po’ fatica, perché gli anni passano e in fondo sembra non succedere mai niente.

[“ci sono tante cose che non sai”
“hai tutto il tempo che vuoi”]

ne sono passati parecchi da quella volta che, solo per poter raccontare di aver realizzato un piccolo, stupido sogno, e grazie a una serie di coincidenze fortunate, mi sono ritrovato a compierne 27 a los angeles. volevo semplicemente fare come i tizi della canzone dei bran van 3000, una delle mie preferite di sempre, ossia girare a caso per la città, con un desiderio in tasca, ancora ventiseienne, bevendo gin and juice, e domandandomi cosa diavolo ci facessi lì.

[“stasera che facciamo?”
“niente”
“niente è bellissimo”]

e invece, nel frattempo, sono successe tantissime cose, così tante che alcune nemmeno le ricordo, e i sogni sono diventati più grandi; e ancora, a volte, senza rendermene conto, mi ritrovo a canticchiare a mezza voce che il tempo passa, che mi devo svegliare, veloce, e prendere la vita in mano.
come questa sera, che sono distratto, che ho voglia di scrivere ma non ci riesco bene, e non m’importa, che vorrei essere da un’altra parte ma sono qui, che vorrei correre ma aspetto, che mi tormento le mani ma c’è una calma luminosa nella mia inquietudine, che mi vedo un po’ più bello, che è passato un altro anno ma sono sempre io, e sono qui.

[“hai paura?”
“solo se non mi guardi”]

e so che certi sogni si realizzano piano, senza che ce ne accorgiamo.