venerdì 27 novembre 2015

mi sono arreso

la verità è che noi non siamo mai esistiti
né esisteremo mai

bhagavadgītā


dovevo partire domani.
il volo per lo sri lanka l’avevo già prenotato tempo fa, dopo che uno dei miei migliori amici di sempre aveva finalmente accettato di venire con me. è da anni che sogno di andarci, da quando ho letto i romanzi di ondaatje ambientati nella sua terra d’origine, che descrive con intensità e nostalgia.
lavoro praticamente tutto l’anno, senza interruzione, senza nemmeno un weekend libero, è stata una stagione lunga e faticosa, e non vedevo l’ora di partire, e dovevo partire domani.

(fa freddo, questa sera)

avevo già programmato tutto, due settimane intense, impegnative, zaino in spalla e treni, autobus e taxi, attraverso lo sri lanka, sugli altopiani intorno a kandy, tra le piantagioni di tè, nelle città antiche in mezzo alla giungla, come sigiriya e anuradhapura, e poi il mio compagno di viaggio se ne sarebbe tornato in italia, e io sarei rimasto solo, l’ultima settimana, spostandomi a sud, nei villaggi sull’oceano, tipo mirissa, dove ci sono le balene.

(guardo la luna, che era piena, con le cocorosie in sottofondo)

poi io che ero incerto, che negli ultimi mesi ho avuto dei piccoli problemi di salute che non riuscivo a risolvere e mi facevano preoccupare. e il mio compagno di viaggio che un paio di giorni fa se ne viene fuori all’improvviso con “guarda, mi dispiace davvero tantissimo, non so davvero come dirtelo, ma non mi piace affatto l’aria che tira in questo periodo, è da dopo gli attentati di parigi che ci penso e, guarda, davvero non me la sento. di partire, di lasciare qui mia moglie e mio figlio, e se dovesse succedere qualcosa mentre sono via. rovinerei il viaggio a me e a te”.
e lì, davanti al suo ragionamento così razionale, non sono riuscito a controbattere, ho abbassato gli occhi, e mi sono arreso.

(vorrei dirti tutto quello che non vorrei dirti)

dovevo partire domani, ma non me la sono sentita di partire da solo. e solo adesso mi sto rendendo conto che ho dimenticato di mandarlo affanculo.


venerdì 20 novembre 2015

e tu mi guardavi

he looked up to the one cave painting
 and stole the colours from it

michael ondaatje – the english patient


mi hai chiesto cosa significa il tatuaggio che ho sul braccio, e io non ricordo cosa ti ho risposto. ma ricordo benissimo dove eravamo. seduti su una panchina di marmo appena fuori piazza duomo, a milano, lungo il viale che va verso il castello sforzesco; era quasi sera, era quasi estate, fumavo una sigaretta e cercavo di non restare in silenzio.

(novembre sta finendo)

è un nuotatore, probabilmente ti ho detto, anche se si fa un po’ fatica a riconoscerlo. e probabilmente cercavo di non guardarti, e mi accarezzavo il braccio mentre ti spiegavo che è la riproduzione di una pittura rupestre che si trova nella grotta dei nuotatori, in pieno sahara egiziano, ai confini con la libia, e che le pareti di quella caverna sono ricoperte di figure di persone che nuotano, e animali, e palme, e che quindi forse lì una volta, al posto del deserto, c’era un lago, una cosa che sembra così impossibile, e vera.

(dicono che domani arrivi l’inverno)

forse sono andato avanti a scacciare il silenzio, non ricordo, e ti ho raccontato che in questa grotta si svolge la scena più bella e commovente de “il paziente inglese”, il romanzo di michael ondaatje, il mio libro preferito, dal quale è tratto il mio film preferito. ma quello che non ti ho detto è che in quel libro, nella precisione, nella potenza e nella bellezza tagliente delle sue parole e delle sue immagini, c’è tutto quello che penso dell’amore.

(e la luce dello schermo del computer comincia a non bastare)

e tu mi guardavi.