martedì 5 aprile 2016

dove si impigliano i ricordi


the mind's a crowd (the illusion of confusion)
search for the spaces (search for the)
turn around time's gone (turn around, gone)

tricky & martina topley-bird – ponderosa


ormai più di un mese fa mi sono operato al ginocchio, per rimuovere un menisco lesionato, che da tempo mi dava fastidio. una cosa di routine, semplice: al mattino presto mio papà mi ha accompagnato in ospedale, e la sera è venuto a prendermi per portarmi a casa, con la gamba sinistra immobilizzata. anche se ho dei ricordi molto precisi di quella giornata, ci sono dei pezzi che mi mancano, dei vuoti di memoria causati molto probabilmente dal calmante che mi hanno dato prima dell’operazione. tipo che, dice mio papà, prima di portarmi in sala operatoria è venuto un medico a farmi firmare una liberatoria per procedere con l’intervento, io ho firmato, mi ha chiesto se avevo bisogno di un certificato di malattia, e gli ho risposto di no, che non mi serviva perché ero momentaneamente in disoccupazione. e non ricordo nulla, se non gli occhi di mio papà quando mi stavano portando via.

(quello che non ti dico è quello che non immagini)

ero sdraiato in sala operatoria, su uno schermo di fronte a me c’era il primo piano della mia rotula, e mi sono rivisto che avrò avuto dieci anni, ero in un negozio di dischi con mio papà, che allora aveva l’età che io ho adesso. si stava avvicinando il compleanno della mamma, e volevamo farle un regalo. in quel periodo le piaceva “questione di feeling” di mina e cocciante, e il tipo del negozio ci stava spiegando che la potevamo trovare sia sull’album di mina che su quello di cocciante.

(i tuoi occhi non si imparano a memoria)

il dottore mi indica sullo schermo i frammenti del menisco che mi stanno portando via e mi spiega che hanno quasi finito, ma i miei ricordi sono impigliati in quel giorno, che mio papà mi guardava e mi diceva “dai prendiamo la cassetta di mina”, con una specie di felicità nella voce che non riconoscevo. e quando ho risposto in tono secco, quasi innervosito “ma dai, lo sai che alla mamma piace cocciante”, è come se ci fosse rimasto male, e ho ancora quella sensazione addosso.

(abbiamo tutti bisogno di piedi per terra, braccia, sogni, e aurore boreali)

poi mi hanno riportato in camera, ho aperto gli occhi, e lui era lì, ad aspettarmi, paziente, come se i suoi ricordi non si fossero mai impigliati.


sabato 23 gennaio 2016

avrei voglia di sciogliermi


can i hide there too?
hide in the hair of him
seek solice
sanctuary

björk – hidden place


fuori fa freddissimo, e la luna è piena, stanotte. bevo caffè, ascolto “vespertine” di björk a volume alto, e avrei voglia di sciogliermi.
è da quasi due mesi che non scrivo, e nel frattempo ho fatto un milione di pensieri, ho scoperto che la causa dei miei malesseri, per i quali un giorno sono finito in ospedale, sono delle complicate intolleranze alimentari, ho passato una settimana al mare in sri lanka, me ne sono innamorato, e per la prima volta in vita mia ho visto una balena, ho letto sette libri, ne ho comprati almeno il triplo, ho ascoltato mille canzoni, sto ancora pensando al prossimo tatuaggio, ho fatto un po’ di conti col passato, e ho imparato che è difficile dimenticare.

(“da qualche parte bisogna pure cominciare”
“potresti cominciare a finire”)

passavo in riva al lago, oggi, più o meno all’ora del tramonto, e pensavo a tutti i fantasmi che, spesso, sono rimasti nei nostri gesti. io ti ritrovo, per esempio, quando sono agitato e muovo la mano come se fosse un pesce che nuota, o quando mi asciugo dopo la doccia, quando mi guardo allo specchio e strizzo leggermente gli occhi, per vedere le rughette che si formano lì in parte, quando alzo le spalle e piego un po’ la testa per chiedere un abbraccio, o quando pronuncio la parola bene con un accento che non è mai stato mio.

(“dove eravamo rimasti?”
“credo da nessuna parte”)

e mentre facevo una foto al cielo di gennaio, sapevo che invece vorrei rivederti senza riconoscerti, scoprire che non sei un gesto, o non lo sei più, disabituarmi ai tuoi contorni, ogni volta. che avrei voglia di sciogliermi.

(“che fai stasera?”
“ti invento”)

stanotte è björk che mi lecca le orecchie. domani chissà.