mi passava tra le orecchie magic doors dei portishead, c’è una luna piena e gialla, siamo quasi a metà agosto, e volevo parlare di desiderio. della sua geografia, della sua voce che non si riesce a nascondere, del suo esplodere lento.
volevo parlare di desiderio, e di quello che non siamo mai stati e che saremo. invece penso alle pietre.
[“andiamo a letto?”
“sì, ma non chiudere la porta”
“perché?”
“non riesco a dormire con la porta aperta. potrebbero entrare i fantasmi”]
ho questa mania di tenere sempre una pietra in tasca.
ne ho parecchie, di diversi tipi e colori, e ogni tanto ne scelgo una a caso e la porto con me. così, una cosa come un’altra, una specie di rassicurazione, una presenza, un momento di sollievo.
una pietra, un nome che ti scivola sulla lingua e un sapore che ti resta in bocca.
[“ti ho portato una cosa”
“cosa”]
ne avevo una a cui tenevo tantissimo. era la mia preferita, un’acquamarina, un po’ azzurra e un po’ verde, un po’ trasparente. un po’ me. ma qualche giorno fa l’ho persa, non so dove. so solo che era in tasca, come sempre; e poi, quando ci ho infilato la mano per toccarla, come ormai faccio abitualmente, come un gesto incondizionato, non era più lì.
l’ho cercata dappertutto: a casa, in macchina, al lavoro, nelle tasche dell’universo, tra le pagine dei libri, nelle parole dimenticate. ma niente, non c’era più.
e adesso mi immagino la sua geografia, la sua voce che non riesce a nascondermi, il suo esplodere lento.
[“ogni giorno ti dimentichi di quanto bello sei”
“e allora tu ogni giorno ricordamelo”]
forse un giorno, mentre aspetto, da un momento all'altro, sarà lei a ritrovarmi.
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