martedì 23 settembre 2014

oggi a venezia il cielo era perfetto

oggi a venezia il cielo era perfetto.
e non ci sarebbe bisogno di aggiungere altro, perché era perfetto. ma ho questa urgenza di scriverlo, appena rientrato in casa, stanco di una giornata importante e di un’estate densa. era perfetto, come una pausa, un respiro profondo, una mano che ti cerca.

[“che leggi?”
“le vergini suicide”
“e com’è?”
“mi fa esplodere”]

c’era quel blu, sopra i tetti, intenso e luminoso. ed era come se, per una volta, non fosse un caso. e cercavo di far finta di niente, di non pensarci, che fa tanto strano liberarsi di un pezzo di passato, dei sogni che avevamo, fa un po’ male sapere che ci ritroviamo qui, con la vita che va come vuole, e con i segni che ci lascia addosso.

[“scegline una”
“a caso?”
“chiudi gli occhi e scegline una, con la mano sinistra. fidati, sarà lei a chiamarti”
“questa”
“questa vuole dirti che ti devi liberare di tutti i pensieri che ti intasano la testa. devi vivere, senza pensarci troppo”]

non volevo più andarmene, volevo fermarmi a guardare quella luce piena che cambiava, impercettibile, continuare a guardare il cielo che per tutto il giorno è rimasto perfetto. e quindi ho aspettato, mi sono seduto in campo e c’era tutta quella gente che passava, e i ricordi che tornavano, e le labbra che ho baciato, le schiene che ho stretto, le cose come sarebbero potute essere e non sono state.
non volevo più andarmene, e poi è arrivato il tramonto. e il sole era una palla rossa, enorme, tra qualche nuvola. e allora ho preso le mie cose, mi sono alzato, e sono tornato a casa.

[“cosa vorresti essere?”
“me”]

ho un pezzo di cuore che avanza. per ora lo tengo per me.


martedì 16 settembre 2014

mi sa che è arrivato l’autunno


but how could he resist
when her dress let in the autumn sun?

emiliana torrini – autumn sun

tornando a casa in macchina, oggi pomeriggio, c’era caldo e c’era il sole. mentre mi tormentavo la barba, come sempre, e cercavo di capire cosa volesse dirmi emiliana torrini, la pioggia mi ha colto impreparato. uno scroscio improvviso, forte, di quelli che per un attimo non vedi più niente e abbassi il finestrino per annusare l’odore dell’acqua sull’asfalto, e ti verrebbe quasi voglia di fermarti e scendere e prenderla tutta in faccia.
ma c’era qualcosa, nella luce, che non era più estate.

[“senti. piove ancora”
“comincia quasi a piacermi questo rumore sul tetto”
“e noi qui”]

e quindi oggi va così, che è già metà settembre, che il tempo è passato lento e all’improvviso, che non mi aspettavo di ritrovarmelo nello stomaco, e che ho voglia di scrivere qualcosa, ma faccio una fatica boia.
ci sono giorni che costruiamo per dimenticare, e poi basta prendere in mano una lonely planet, perdersi in una città mai vista, e ritrovare tutto quello che abbiamo sognato e non tornerà. mica è facile, fare certi conti.
e ci sono cose a cui siamo tentati di non credere più, ma per fortuna, poi, c’è sempre chi si ostina a guardarti in fondo agli occhi, in silenzio.

[“che bella invenzione, le mani”
“e la lingua”
“e le labbra”
“e te”]

basta poco. basta poco per spostare lo sguardo e smettere di difendersi e di pensare che non è il momento giusto. non so a cosa serva, ma a qualcosa servirà. come questa stagione che non ho mai capito e si rifiuta di farsi capire.

 [“ma non è colpa tua”
“lo so. nemmeno tua”
“forse dovremmo ridere”
“o non averci mai creduto”]

mi sa che è arrivato l’autunno, cominciano a cadere le certezze dagli alberi.




mercoledì 10 settembre 2014

denti

l'ultimo amore 
non si scorda mai 
fino a quando non ci pensi più 

dente – giudizio universatile

l’altro giorno mi si è staccato un pezzo di dente.
stavo passando il filo interdentale, come al solito, e niente, si è staccato. e mentre lo tenevo tra le dita, guardandolo, sorpreso e un po’ perplesso, la prima cosa che ho pensato è che non c’era nessuno a cui lo potevo raccontare.

[“smettila di pensarmi”
“non ti sto pensando”
“smettila di pensare qualsiasi cosa tu stia pensando”
“sto pensando che non ti devo pensare”]

oggi sembrava estate, e quasi mi addormentavo, mentre il dentista si affannava a sistemarmi il dente rotto, e io stavo lì, stranamente tranquillo, con la bocca spalancata e il rumore dell’aspirasaliva. mi son perso ad osservare un puntino nero, in un angolo del soffitto. quanta vita, nei miei denti. il tempo che passa, i sorrisi che ho fatto e nascosto, le cose che ho morso e ancora devo mordere, le lingue che ho tentato di far mie, i pezzi che ho perso.

[“ti mangerei”
“perché?”
“per non dimenticarti più”]

ma stasera piove, e ho tutta questa fretta che mi blocca, mi ruba le parole, mi impedisce di vedermi. ho della musica nuova da ascoltare, un po’ di libri da leggere, un viaggio da organizzare, delle virgole da correggere.
senza pensarci troppo, con la lingua tocco il dente rifatto.

[“dici che sia vero?”
“cosa?”
“tu. dici che sei vero?”
“non lo so. ma potrei morderti per vedere se mi senti”]

le cose più belle iniziano così. che non sai che sono iniziate.


giovedì 4 settembre 2014

aspettiamo

show without showing
what you know without knowing

massive attack ft. martina topley bird – psyche


quindi aspettiamo.
che arrivi l’estate, riusciamo a dormire, torni l’inverno, finisca questa canzone dei massive attack, lasciandoci indenni; che il tempo passi o passi la paura.

[“ma se”
“non dire cazzate”
“sì, ma se”
“anche i fantasmi inciampano”]

oggi era una giornata nuvolosa, e settembre è arrivato in silenzio, senza troppe promesse o pretese. la giornata giusta per non arrivare al punto, anche se il punto è lì, e ci aspetta, e lo sappiamo bene. e il punto è che dobbiamo mettere le parole nell'ordine giusto, che non si può eludere la prerogativa di soggetto verbo complemento, che da certe cose non si riesce a scappare facilmente. ci inventiamo distrazioni, o scuse, o canzoni che assolutamente dobbiamo riascoltare, o libri da rileggere, che abbiamo da fare. ma vorremmo solo scivolare via, senza troppo rumore, senza dare nell'occhio, o restare impigliati in ricordi che non sappiamo più nemmeno definire.

[“la senti anche tu?”
“cosa?”
“la senti anche tu questa cosa?”
“cosa?”
“non lo so, come un'aria che ci gira attorno”
“credo di sì”
“e cos'è?”
“non lo so, ma mi pare bellissimo”]

le cose mi cadono dalle mani, mi sono versato il caffè addosso, non posso fare a meno di cantare a voce altissima quel pezzo di canzone. e il punto è che fa male. così, semplice. così semplice. e che fatica ammetterlo, e che coraggio, e basta togliere una virgola, e basta, basta cantare a voce altissima quel pezzo di canzone, riascoltarla, guardarsi, rileggersi, e il cielo è ancora nuvoloso e noi quando ci rivediamo.

[“perché ti nascondi?”
“per vedere se mi cerchi”
“e quando poi ti trovo?”
“capiresti che ne è valsa la pena”]

basta pensare al cuore della parola desiderio.