che come sempre è un come se.
come se fosse rimasta lì, ad aspettarmi. come se non fossimo cambiati, e non avessimo disimparato a guardarci, o imparato ad avere paura. come se sapessimo fingere benissimo che tra noi non ci sono fantasmi.
[“perché non resti?”
“perché non mi va di appartenere”
“perché queste bugie?”
“perché le bugie sono verità bellissime”]
una notte di stelle cadenti, e di all i need degli air nell’aria calda. che è sempre la stessa da sedici anni, e poi vuoi non chiamarla attesa. ricordo perfettamente quando l’ho sentita per la prima volta, ricordo tempo, luogo e occhi. e anche adesso, ancora, dopo tutte queste scie di rumore, gioie e ferite, faccio una fatica enorme a non crederci. c’è chi darebbe un nome a tutto ciò, e chi di nomi si è stufato.
[“quindi vorresti dirmi che preferisci il silenzio?”
“quindi voglio dire che alcune parole non hanno più senso”
“torneranno”
“acciaccate”]
voglio solo dormire un po’, invece di raccontarmi resoconti.
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