è
solo un altro temporale che si avvicina, un’altra notte che passa piano.
più
che un’estate, questa, mi sembra una forma di incertezza, un respiro denso, una
presa per il culo. ci sono i lampi tra le nuvole, i tuoni lontani, i momenti di
attesa e le frasi fatte. credo non manchi proprio nulla per precipitare nel
banale.
mi
viene quasi da sorridere, a pensarmi qui a guardare il cielo, misurare le
parole, e dosare le virgole.
[“lo
so che stai cercando”
non
ti rispondo.
“lo
so che stai cercando, ma vorrei sapere esattamente cosa. nemmeno tu lo sai,
vero?”
continuo
a non risponderti, facendo finta di guardare lontano.
“vero?”
“ho
sbagliato risposta troppe volte”
“ma
mi spieghi perché fai così?
“così
cosa?”
“ti
sei creato un mondo, e ti ci sei chiuso dentro”
forse
non è quello che vorresti sentirti dire da un amico.
“e
tu perché non mi guardi negli occhi quando mi dici certe cose?”
“perché
non ne ho il coraggio”]
una
sera calda, finalmente. di quelle che la voce di sade non dovrebbe suonare
fuori posto. di quelle che tutto si mischia: un po’ d’amore, un po’ di rabbia,
la poca voglia che abbiamo di sentirci raccontare la verità, o parlare di
realtà.
ci
si prova, no? a crederci, a ricucire i pezzi di noi che negli anni ci hanno
strappato o ci siamo strappati, a pensare che non sia stato inutile tutto
questo guardarsi.
[“sai,
forse ho trovato quello che cercavo”
“sai,
forse un po’ ti invidio”
“no,
ma è impossibile”
“non
è impossibile, è bello. c’è una grossa differenza”
“non
so dove guardare”
“comincia
con lo smettere di guardarti”]
mi
ritrovo ad avere così tanto tempo per me, che forse preferirei non averne.
è
così che si inizia a mentire, credendo di proteggere gli altri.
e
anche quando non sembra, il tempo passa.
[“dove
sei?”
“sono
qui. dove vuoi che sia?”
“sei
qui, ma poi no”
sei
in finzioni che non conosco, sei in pensieri che non mi includono, sei in altre
parole.
“sono
qui, stronzo”]
il
dubbio è fino a che punto posso farti male.
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