da
qualche parte bisogna pur ricominciare.
oggi
c’è il sole, ed è un’estate strana. mi guardo attorno, mi guardo indietro, ma non
importa dove sono, e chissenefrega dov’ero rimasto, tanto non sono mai la
stessa cosa.
quante
vite che ho passato, la maggior parte immaginarie. ascolto björk, fumo una
sigaretta, e non mi piaccio. perché mettere insieme due pensieri e dare loro
una forma dovrebbe essere facile, dovrebbe essere bello tirare le fila del
discorso; invece tiro un filo di questa maglietta e si stacca un bottone.
[“adesso
che ti ho trovato” mi dicevi.
“adesso
che ti ho trovato…” e resta questa sospensione bella.
“quindi
adesso credo che” e non finiamo mai le frasi.
“non
finiamo mai le frasi, e così risolviamo il cinquanta per cento dei problemi”
“voglio
essere la parola con la quale non finisci mai le frasi, e ti faccio un caffè”]
e
questa cosa del ricominciare, che invece è solo un lento trasformarsi.
penso
alle mie scelte, con un certo imbarazzo, e una specie di tenerezza. poi mi
alzo, vado allo specchio e mi guardo in fondo agli occhi, e mi piaccio. c’è
qualcosa lì che non so nemmeno io. c’è che non siamo mai pronti, per quanto ci
possiamo immaginare.
[“che
ne dici se ti bacio, e poi ci vediamo ancora”
“la
differenza tra un ‘mi piaci’ e un ‘guarda quelle nuvole’, no?”
“sì,
ma poi domani”
“poi
domani mica so che tempo farà. è un’estate strana”]
quindi
forse funziona così, che teniamo traccia di ciò che accade solo per farlo
accadere.
tra
tutti i libri che ho letto, ce n’è uno che mi si è piantato dentro. e lo so, lo
so benissimo che le cose non stanno così, che la realtà è una bestia strana; ma
tra tutti, tra tutti i libri, mi si è piantato dentro, e un motivo ci sarà.
[“c’è
una parte di te che mi porto dentro”
“cosa
mi vuoi dire, esattamente?”
“che
ne dici se non torniamo più indietro?”
“che
il destino ci guarda, e ride tantissimo”
“prima
o poi ci vendichiamo”]
e
non so perché ti sto raccontando tutto questo. forse semplicemente mi piace
parlare da solo.
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