giovedì 5 febbraio 2015

si impara a non scappare

stand a little from your hand,
broken birdie lost his voice

múm – the ballad of the broken birdie records

uno dei miei buoni propositi per l’anno nuovo era quello di pensare un po’ anche al mio corpo, e non solo alla mente. e quindi, da circa un mese, ho ricominciato a fare yoga, dopo anni da quando ero a venezia, durante il dottorato.
l’altra sera, verso la fine della lezione, come al solito, ci siamo messi a meditare e, mentre ero sdraiato a terra, con gli occhi chiusi e il respiro sempre più profondo e regolare, e l’istruttore ci diceva di lasciare tutti i problemi e i pensieri fuori dalla stanza, ho iniziato a fare un viaggio pazzesco, di quelli che ero lì ma anche da un’altra parte, che ero immobile ma mi sembrava di nuotare.

[“ciao”
“ciao”
“stai bene?”
“penso di sì”]

poi, dopo una decina di minuti, quando ero in macchina e stavo tornando a casa, con ancora sulle labbra il sorriso stupido di chi ha visto qualcosa che non ha capito e non si sa spiegare, ma va bene così, all’improvviso, pesante, da dietro un angolo buio, mi è saltato addosso un vecchio ricordo, e non me lo aspettavo, cazzo, non in quel momento, e mi voleva strangolare, e il cuore si è messo a bestemmiare.

[“e tu?”
“penso che pensavo di conoscerti”]

mi sono ritrovato seduto a un tavolo, sul palco di un teatro di venezia, con un microfono davanti, e avevo appena finito di esporre il mio lavoro a colleghi e professori. più o meno dieci anni fa, una fredda giornata di febbraio, come oggi, o forse era novembre. è passato tanto tempo, tante cose le ho cancellate, e il ricordo di quel pomeriggio è molto vago. però ho rivisto di fronte a me quelle due o tre facce distorte che mi parlavano, e mi chiedevano cose che non c’entravano nulla, e non capivo, perché non c’era niente da capire, mi volevano semplicemente mettere in difficoltà, per il puro gusto di farlo, e si guardavano sorridenti, quasi compiaciute, e la voce mi tremava un po’, all'inizio, e poi non ho avuto altra scelta che stare zitto. e ho rivisto le altre facce, quelle che mi guardavano e si guardavano incredule, e non capivano cosa stava succedendo, e provavano a sorridermi, ma non dicevano nulla.

[“è passato tanto tempo”
“o siamo noi che l’abbiamo fatto passare”]

arrivato a casa, davanti allo specchio, mi sono guardato negli occhi, ero immobile ma mi sembrava di nuotare, e ho pensato che solo con il tempo si impara a non scappare.


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