mercoledì 7 gennaio 2015

vuoti e pieni

when you curl up in bed and, just you in your head now, are you livin’?

chet faker – to me

sono tornato.
e me l’ero immaginato così diverso, questo ritorno, dopo quasi un mese via di casa. mi ero immaginato qualcuno che mi aspettava, se le cose fossero andate come vanno nei libri più belli. o forse mi ero immaginato qualcuno da aspettare, che poi, nei libri più belli, sono un po’ la stessa cosa. e ho parlato così tanto a me e di me, in questo mese, che adesso mi sento come un vuoto da riempire di nuovo.
e quindi sì, sono tornato, lo stesso di prima, ma anche un po’ più vuoto e un po’ più pieno.

[“quando torni?”
“presto”
“ma quando torni chi sarai?”]

ho cominciato a svuotare la valigia, per sistemare le mie cose, e, come al solito, ho trovato il biglietto del dipartimento di sicurezza americano, che mi avvisava che hanno dovuto aprire il mio bagaglio per fare dei controlli. tutte le sante volte, tutte le santissime volte devono perquisirmi la borsa e mettere tutto sottosopra. chissà, probabilmente i barattoli di burro d’arachidi visti allo scanner sembrano bombe.
fatto sta che, forse tra un controllo e l’altro, uno dei barattoli si deve essere aperto, e mi sono ritrovato burro d’arachidi ovunque: sulle mutande nuove, sui calzini a righe, tra le pagine dei libri, sulla cartina della california, sulla bottiglietta di sabbia del deserto, nei ricordi delle sere da solo e in compagnia, appiccicato tra le parole d’amore e i propositi per l’anno nuovo.

[“mi insegni a cancellare i ricordi?”
“quando tu mi insegni a cancellare i tatuaggi”]

e mentre mi son messo a ripulire, è tornato tutto, così improvviso, così forte che mi ha riempito. come la sera di capodanno, che eravamo in uno dei ristoranti più fichi di atlanta, io, il mio amico americano e i suoi genitori. tra ostriche e vino bianco parlavamo, ci parlavamo, parlavamo così tanto che sembrava quasi di non parlare più. il racconto di un anno, che poi era il racconto di una vita, delle storie che siamo, e io non ci sono abituato a tutto questo amore, e gli occhi erano pieni.

[“non avere paura di guardarmi”
“non ho paura”
“e invece sì. abbassi sempre gli occhi, per un attimo”
“forse perché vedo me”]

e quindi sono tornato e non so se riesco a descrivere la luce del deserto e il profumo di un abbraccio vero.


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