che fatica innaturale perdonare a me stesso
di essere io, di essere fatto così male
max gazzè – cara valentina
ieri sono andato all’ikea con un’amica incinta, il suo pancione di cinque mesi, la sua luce splendida, e tutto quello che per troppo tempo non ci siamo raccontati.
facevamo finta, come sempre, per fare gli scemi, di essere due fidanzati in spedizione, e lei, come sempre, è riuscita a farmi ridere e a sciogliermi il nodo alla gola, e mi ha aiutato a scegliere le cornici nere per delle vecchie cartoline degli anni ’20 che, per una serie di giri strani, sono finite nelle mie mani.
[cara lisa,
ti ringrazio proprio per le tue affettuose parole, avendo un po’ di pausa voglio ricordare coloro che sono da me lontani. siamo ancora qui, mi fa male un po’ le ossa per il soffice letto preparatoci. ultimamente ho un appetito che mangerei anche i sassi. non preoccuparti se resti qualche giorno senza mie notizie]
[caro mario,
non potendo di più, t’invio queste due righe, con tanti bacioni affettuosi. io sto bene, ed ora il mal di testa mi è passato. grazie delle belle ore passate ieri assieme. ti penso sempre con grande affetto, ti bacio forte. la tua lisa che ti vuole bene, ciao]
cartoline bellissime, con le immagini di episodi della divina commedia, o dei promessi sposi, o di qualche storia mitologica, fiabe dei fratelli grimm, figure femminili ottocentesche. scritte con una calligrafia ormai quasi illeggibile, sono quello che resta della fitta corrispondenza di due innamorati. lei a casa, con la famiglia, lui a fare il servizio di leva, prima a trento, poi a piacenza, poi chissà. era l’inizio del ventennio fascista.
con la mia amica parlavamo di quanto è strana e difficile la vita, e del nome da dare al bambino, o alla bambina.
[lisetta carissima,
da alcuni giorni son privo di tue nuove, ti scrissi una lettera e spero che l’avrai ricevuta]
[mario caro,
ricevo in questo momento gradita tua, non si comprende come tu sia da lungo senza mie notizie, dato che in questi giorni ti scrissi alcune volte. forse sarà a causa degli ultimi avvenimenti]
sono vecchie, rovinate, alcune bruciacchiate. puzzano un po’ di muffa, sono state chiuse per anni in una scatola in qualche cantina. e adesso le ho io. non so nulla, o quasi, delle persone che se le sono mandate. basterebbe chiedere, sarebbe facilissimo, ma preferisco restino degli sconosciuti, preferisco immaginarli mentre si scrivevano, si leggevano, cosa pensavano, cosa potevano sentire.
e nel viaggio di ritorno, mentre ci raccontavamo ancora le nostre vite interrotte e ricominciate, la mia amica mi ha detto che invece alla fine è tutto così semplice, che a volte basta guardare gli occhi che ci cercano.
[carissimo mario,
anzitutto voglio sperare che questa mia ti trovi del tutto ristabilito, come di cuore ti auguro, poi volevo dirti che ti aspetto, e che lo so che è dura. domenica sera mi confusi e ti dissi il contrario]
[caro mario,
spero che stai bene, vero? ieri è arrivata lisa, mi ha detto che sono tre giorni che non le scrivi. non farti pregare, no?]
[caro mario,
cosa vuol dire questo silenzio troppo lavoro non è vero spero]
[amatissima lisa,
ti sia questa annuncio del mio perdono, io già ti avevo perdonato per il tuo modo di interpretare le mie parole, ora basta, non se ne parli più. il sapersi spiegare è l’unica cosa che manterrà sempre alto il nostro amore. io ti amo tanto e il mio amore non cessa per sì poca cosa]
e adesso ho i ricordi che bussano alla porta. ma, scusatemi, stasera non apro.